Untore Roma: “Non chiamatemi mostro, l’amore si fa in due”
Valentino T., il sieropositivo romano, che avrebbe contagiato molte donne conosciute prevalentemente in chat, si difende. Quello che è stato ribattezzato l’untore di Roma ha dichiarato che non vuole sentirsi chiamare mostro perché l’amore si fa in due
Il 31enne romano, accusato di aver infettato col virus dell’Hiv 16 donne, si trova attualmente nel carcere di Regina Coeli ma continua a dichiararsi innocente. Al pm Francesco Scavo, l’untore ha detto:
“Non fatemi passare per un mostro. In alcuni casi avrò agito d’impulso, forse con leggerezza. In altri, però, avevo avvertito le partner della mia sieropositività. Alcune ragazze le avevo messe in guardia. E comunque l’amore si fa sempre in due”.
Molti si domandano perché Valentino si sia comportato in un modo così aberrante, deleterio, pericoloso. La vita, per il 31enne, non è stata facile fin dalla nascita: non ha mai conosciuto il padre ed è rimasto orfano di madre a 4 anni. A crescere Valentino ci hanno pensato i nonni.
E’ probabile, dunque, che l’untore di Roma si sia voluto vendicare. La vita è stata dura con lui, infettato dall’Hiv quando aveva solo 20 anni. A contagiarlo fu una donna molto più grande di lui.
Dinanzi al pm, Valentino ha rimarcato che il suo atteggiamento non è stato espressione di una vendetta:
“Sono stato contagiato da giovanissimo ma non volevo vendicarmi. Ora, però, ho capito i miei errori”.
La pubblica accusa, però, non crede all’untore di Roma, ritenendo che dal 2005 l’uomo abbia avuto rapporti ‘intimi’ con molte donne, a cui non ha mai rivelato di essere malato di Aids. Nelle ultime ore, è stata rigettata la richiesta di scarcerazione avanzata dai legali di Valentino, che è accusato di lesioni gravissime.
Molte donne che hanno avuto rapporti con il 31enne romano hanno rivelato di non aver mai saputo della sua malattia. L’untore, invece, sostiene il contrario. Chi avrà ragione?