Svelata una nuova ipotesi sul mistero del Triangolo delle Bermuda, l’ultima di un’infinita serie
Cavità e rischi per le navi
Un team di studiosi dell’Arctic University di Norvegia ha cercato di spiegare il motivo per cui molte navi ed aerei sono scomparsi improvvisamente e misteriosamente nei pressi del Triangolo delle Bermuda. Ebbene, per gli esperti norvegesi sarebbero degli enormi buchi nei fondali marini, profondi fino a 45 metri e con diametro pari a 800 metri, la causa della scomparsa di natanti che si trovavano tra Porto Rico, le Bermuda e la Florida. I ricercatori norvegesi hanno rivelato durante un’intervista rilasciata al Sunday Times:
“Esistono diverse giganti cavità sul fondo del mare in una zona nella parte centro-occidentale del Mare di Barents causate probabilmente da enormi scoppi di gas. L’area dei crateri rappresenta probabilmente uno dei più grandi punti caldi per il rilascio di metano marino nell’Artico e le esplosioni che successivamente formano le cavità potrebbero comportare grossi rischi per le navi che viaggiano sul Mare di Barents”.
Ipotesi simile a quella di Igor Yeltsov
Le navi, dunque, che passavano vicino al Triangolo delle Bermuda sarebbero state inghiottite da impetuosi vortici. L’ipotesi è simile a quella avanzata un anno fa dall’esperto russo Igor Yeltsov, secondo cui la causa delle criptiche scomparse nel Triangolo delle Bermuda è rappresentata dai gas idrati:
“Accade in maniera simile ad una valanga, come in una reazione nucleare, producendo enormi quantità di gas. Questo fa aumentare la temperatura del mare e le navi affondano nelle sue acque, mescolate con una percentuale enorme di gas”.
Svelato, dunque, il mistero del Triangolo delle Bermuda. Nessuna causa trascendente ma solamente un evento naturale. Delle misteriose sparizioni nella zona dell’Oceano tra Bermuda, Florida e Porto Rico hanno iniziato ad appassionarsi studiosi e persone normali dopo che, nel 1945, un aereo e 5 bombardieri americani svanirono nel nulla. Dell’importante studio norvegese si parlerà il mese prossimo durante la conferenza annuale della European Geosciences Union.