Torino, medici Città della Salute salvano bimbo venezuelano: doppio trapianto fegato e staminali
L’Italia non fa parlare di sé solo per la mafia, il degrado ed altre problematiche. L’Italia è anche sinonimo di genialità e spirito del dovere. Lo testimoniano notizie come questa
Un bimbo venezuelano di 8 anni rischiava di morire ma è stato salvato da un gruppo di medici della Città della Salute di Torino, che lo hanno sottoposto a un delicato doppio trapianto di fegato e di cellule staminali ematopoietiche. Il piccolo era stato colpito dalla sindrome di Iper-Ig M, una tremenda forma di immunodeficienza connotata da forti squilibri nel livello di immunoglobuline e molecole glicoproteiche fondamentali per la difesa dell’organismo umano e combattere le infezioni.
Il bimbo venezuelano, quindi, rischiava una brutta infezione, quella da Cryptosporidium parvum, che bersaglia principalmente il fegato e causa, col passar del tempo, colangite sclerosante ed epatopatia cronica. L’unico metodo per evitare tutto ciò è il trapianto allogenico di cellule staminali ematopoietiche da donatore e il trapianto dell’organo. Il professor Mauro Salizzoni e la dottoressa Franca Fagioli, rispettivamente direttori del Centro Trapianto di Fegato dell’ospedale Molinette e dell’Oncoematologia e Centro Trapianti dell’ospedale Infantile Regina Margherita della Città della Salute di Torino, si sono consultati ed hanno deciso così di sottoporre il bimbo venezuelano a un trapianto d’organo, in modo da effettuare successivamente il trapianto allogenico di staminali ematopoietiche.
L’intervento ha avuto esito positivo. Ora il piccolo si sta riprendendo ma ancora si trova presso il nosocomio Regina Margherita, assieme ai genitori, che gli sono stati sempre accanto. Il bimbo, il padre e la madre sono in Italia dall’inizio del 2014, sostenuti dalla cooperazione sanitaria Associazione per il trapianto di midollo osseo, che collabora con la Fundacion para el Transplante de Médula Osea, associazione venezuelana.
Oggi il piccolo può sorridere ma deve ringraziare i genitori, che hanno fatto molte ricerche per trovare un centro che potesse salvargli la vita, e ovviamente l’equipe di chirurghi italiani.