Thriller Consigliati, Open Water, Il Film Che Non Ti Aspetti

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Open Water, il thriller che non ti aspetti. Un film low-budget del ’93, girato senza effetti speciali, e con una pellicola non delle migliori cosa può regalare al telespettatore? I primi minuti di film sembrano un documentario di basso livello sulle feste folkloristiche caraibiche; i protagonisti, inizialmente, rarefatte maschere di una telenovela da quattro soldi. Qualche scena di nudo e la consapevolezza che cambieremo canale entro qualche minuto. Nel frattempo, con un occhio al televisore ed un altro allo smartphone, la pellicola prosegue con l’agognato viaggio dei due protagonisti in terra caraibica, fino alla famosa immersione in mare aperto. A causa di un conteggio sbagliato dei sub riemersi, la barca di appoggio se ne va, lasciando la coppia protagonista in balia delle onde e degli squali alla loro riemersione. Ed è esattamente qui che inizia il film che non ti aspetti. Innanzitutto, la pellicola ha immaginato le sorti realmente accadute di due sub ,Tom ed Eileen Lonergan, abbandonati al loro destino, nel lontano 1998, nelle acque della barriera corallina australiana, dopo aver effettuato un’immersione. Non ti aspetti, poi, che le onde riescano a darti la nausea, che l’agonia, ora dopo ora, dei due sub, stanchi, provati ed impauriti, si impossessi di te e ti trascini in quelle ore di attesa e poi disperazione. Esatto. In un primo momento, la coppia spera; cerca di farsi notare; pensa che l’imbarcazione si ricorderà di loro; poi, i primi segni di disidratazione, quel bisogno di bere che non viene soddisfatto; le paure di lei e le rassicurazioni di lui. Il loro trauma appare sia fisico che emozionale. La coppia stessa subisce una trasformazione nel corso delle ore che essi passano in mezzo al mare. Inizialmente, lei appare debole, incapace di reagire, bisognosa dell’appoggio del fidanzato, piagnucolante. Lui sembra calmo, sicuro sul da farsi, un valido consigliere e fidanzato, pronto ad incoraggiare e calmare la compagna. Ma col passare delle ore, la violenza del mare trasforma l’uomo. Lui diviene iracondo; tra i due si nota un distacco. Non riesce più a mantenere la calma ed, esattamente in questo momento, avviene la fine. La fine raggiunge l’uomo quando non sembra più padrone di se’ stesso. Ed il mare lo sa bene. Prima le meduse pungono i malcapitati e poi arriva un pericolo ben più grande. I predatori del mare li prendono di mira e, quando un altro giorno passa, l’ansia per quella coppia che sembrava tanto unita e desiderosa di vivere diventa un problema anche nostro; il cuore batte forte e le speranze si fanno vane. I tuoni scuotono il mare ed il nostro cuore. I lampi accendono le onde e ci fanno scorgere le pinne degli affamati squali. Lo Squalo e simili non ci raccontavano l’agonia umana, profondamente legata al desiderio di sopravvivere ed al medesimo desiderio che chi profondamente amiamo sopravviva. Era decisamente un effetto splatter a-sentimentale, teso a scioccare più che turbare profondamente l’animo.

La totale assenza di effetti speciali di Open Water, invece, rende tutti noi naufraghi di una vita pericolosa ed imprevedibile. Detentori di sogni che possono spezzarsi in ogni istante, a causa di uno stupido errore umano o per l’insensibilità del mare, con le sue leggi, che non corrispondono a quelle del cuore. Open Water, e l’agonia del mare aperto che invade l’anima dello spettatore.