Stranieri nella scuola italiana in aumento: boom bambini rumeni
Sempre più studenti stranieri nelle scuole italiane. Un rapporto del Ministero dell’Istruzione e della Fondazione Ismu parla chiaro: sono 814.187 i figli di immigrati negli istituti scolastici del Belpaese
I dati appena diffusi riguardano l’anno scolastico 2014/2015. Rispetto all’anno scolastico 2009/2010 si è registrato un +20,9%. Insomma, le scuole italiane sono sempre più multietniche. Se il numero degli allievi stranieri nelle scuole italiane è aumentato, è calato invece quello degli studenti italiani. Ad eccezione delle scuole secondarie di secondo grado, si è registrata una flessione nel numero di studenti italiani nelle scuole italiane. La regione con più studenti stranieri è la Lombardia (oltre 200.000); seguono Emilia Romagna, Lazio e Piemonte. Quali sono le regioni dove, invece, è calato il numero di studenti stranieri? Valle d’Aosta e Veneto. La maggior parte dei ragazzini stranieri che studiano in Italia ha cittadinanza romena; massiccia anche la presenza di studenti albanesi e marocchini.
In molte scuole italiane, ormai, gli alunni stranieri rappresentano, in ogni classe, una percentuale abbastanza rilevante. Alle scuole elementari Carducci di Imola, ad esempio, 6 alunni su 10 sono stranieri: un vero record. Alessandro Mirri (Ncd) ha detto a riguardo:
“Del tema degli alunni stranieri discutiamo da troppo tempo. Andrebbero ‘spalmati’ nelle altre scuole cittadine nelle quali ci sono quote di presenze del 6%. Altrimenti in quegli istituti ci sarà sempre qualcosa che non funziona, anche nella didattica”.
Della stessa opinione anche Claudia Resta (M5S):
“Anche in caso di bambini nati qui ci sono dei problemi. Nelle famiglie d’origine non si parla italiano ed è lì che cominciano le difficoltà”.
Insomma, in Italia arrivano sempre più stranieri e gli italiani emigrano in altre nazioni. Arriverà il momento (reputiamo non lontano) che il numero degli studenti stranieri nelle scuole italiane supererà quello dei discenti italiani. Che dire, l’Italia cambia, l’Ue cambia; l’importante è che si sappia ben gestire l’integrazione nelle scuole, e non solo.