La Cassazione nega il risarcimento a una coppia di genitori di una bimba affetta dalla sindrome di Down. Secondo gli ermellini “Non esiste il diritto a non nascere se non sano”
Gli ermellini hanno dovuto esaminare la richiesta di risarcimento avanzata da una coppia di Lucca per se stessa e per la figlia, affetta dalla sindrome di Down. I genitori hanno denunciato sia diversi primari che l’Asl di Lucca, rei, secondo loro, di non aver scoperto, nonostante l’esame prenatale, che la figlia fosse affetta dalla sindrome di Down. Il risarcimento è stato richiesto perché la donna non avrebbe certamente portato avanti la gravidanza se avesse saputo che la figlia sarebbe nata Down.
“Non esiste il diritto al risarcimento del danno per il bambino nato malato tanto più che di esso si farebbero interpreti unilaterali i genitori nell’attribuire alla volontà del nascituro il rifiuto di una vita segnata dalla malattia; come tale, indegna di essere vissuta (quasi un corollario estremo del cosiddetto diritto alla felicità)”, hanno spiegato i magistrati della Suprema Corte.
La Cassazione ha rammentato che “l’ordinamento non riconosce il diritto alla non vita: cosa diversa dal cosiddetto diritto di staccare la spina, che comunque presupporrebbe una manifestazione di volontà ex ante, attraverso il testamento biologico”. Gli ermellini, comunque, hanno provveduto ad annullare la sentenza emessa in Appello, che rigettava la richiesta di risarcimento avanzata dalla coppia di Lucca. La Cassazione ha sottolineato, infatti, che la legge 194 contempla il diritto di interrompere la gravidanza quando la nascita rischia di trasformarsi in “un grave pericolo per la salute fisica e psichica della donna”.
La donna, comunque sia, per ottenere il risarcimento ex legge 194 dovrà dimostrare che avrebbe “esercitato la scelta abortiva”.
Oggi, rispetto al passato, esistono molte indagini prenatali per scoprire se il bebè sarà affetto dalla sindrome di Down, conosciuta anche come trisomia 21. La patologia affligge un bimbo ogni 700 nati ed è la più diffusa alterazione cromosomica presente negli uomini. Originariamente, alla sindrome venne dato il nome di ‘mongolismo’ perché i malati avevano un aspetto che ricordava gli abitanti della Mongolia.
Molte coppie, oggi, si sottopongono ai test per verificare se i figli nasceranno con la sindrome di Down. Poche mamme, nel caso in cui venga accertata la patologia, sarebbero disposte a portare avanti la patologia. Ricordiamo che i bimbi Down, tra l’altro, hanno una salute cagionevole, rischiano patologie come celiachia, morbo di Alzheimer e leucemia.