Pesticidi nelle acque: dati Ispra non confortanti
Troppi pesticidi nelle acque italiane. Secondo recenti dati Ispra, nell’arco di 4 anni si è registrato un +20%. I pesticidi sarebbero presenti nel 63,9% delle acque superficiali. E’ un vero problema
Il recente dossier diffuso recentemente dall’Ispra parla chiaro: nelle acque italiane sono state individuate ben 224 sostanze diverse, contro le 175 di quattro anni fa. C’è un uso massiccio, dunque, dei pesticidi. Per fortuna i controlli aumentano per tenere sott’occhio la situazione, soprattutto al Sud Italia. Pare che in Italia, ogni anno, vengano sfruttate ben 130.000 tonnellate di articoli fitosanitari, che si sommano ai biocidi. I pesticidi sono presenti sia nelle acque superficiali che in quelle sotterranee, anche se in quest’ultimo caso la percentuale di sostanze accertate è inferiore. I pesticidi, dunque, aggrediscono anche le falde acquifere. Tra i composti più presenti nelle acque menzioniamo il glifosato, il triciclazolo e l’oxadiazon. Ravvisata anche la presenza di neonicotinoidi, ovvero insetticidi molto usati nel mondo che, secondo gli esperti, rappresentano la principale causa dell’estinzione delle api. Negli ultimi anni sono aumentato notevolmente il monitoraggio delle acque italiane. I pesticidi più presenti sono gli erbicidi ma è stata rilevata anche una grande presenza di funghicidi e insetticidi. La situazione è allarmante nella pianura padano-veneta, ma non fa rallegrare neanche quella accertata al Sud. I ricercatori dell’Ispra hanno spiegato:
“La tossicità di una miscela è sempre più alta di quella dei singoli componenti, per cui va tenuto adeguatamente conto che l’uomo è gli altri organismi sono spesso esposti a cocktail di sostanze chimiche di cui, a priori, non si conosce la composizione”.
L’unica informazione che fa sorridere, contenuta nel report dell’Ispra, è quella relativa alle vendite di prodotti fitosanitari e quelli altamente nocivi, decisamente in calo. In Italia ci si sta rendendo conto che è meglio optare per articoli meno pericolosi, anche perché, come ha ricordato l’Ispra, “le norme in materia prevedono l’adozione di tecniche di difesa fitosanitaria a minore impatto, in cui il ricorso alle sostanze chimiche va visto come l’ultima risorsa”. Come anticipato, il glifosato è una delle sostanze più presenti nelle acque. Ciò rappresenta una grave minaccia in quanto, secondo l’Oms, si tratta di qualcosa di cancerogeno. L’Efsa, invece, ha definito “improbabile” il nesso tra l’utilizzo di tale erbicida e le neoplasie. Fatto sta che entro il prossimo mese l’Ue dovrà decidere se prorogare o meno l’autorizzazione all’uso del glifosato sui territori dell’Ue. Finora, in Commissione, non è mai stata presa una decisione in merito. Vedremo se arriverà presto la ‘fumata bianca’.
Troppi pesticidi nelle acque rappresentano una serie insidia per tutti gli esseri viventi. Lo ha più volte ribadito Legambiente, che ha esortato le Regioni ad adottare provvedimenti mirati a ridurre il quantitativo di sostanze nocive presenti nelle acque italiane. La celebre associazione ambientalista ha spiegato:
“Gli studi scientifici hanno ampiamente dimostrato gli effetti che l’uso non sostenibile dei pesticidi produce anche in termini di perdita delle biodiversità, riduzione della fertilità del terreno ed accelerazione del fenomeno di erosione del suolo. A tal proposito, in materia di pesticidi, risulta ormai sempre più urgente prendere a piena consapevolezza che il loro utilizzo, soprattutto l’impiego in sincrono e in miscele di alcune sostanze, può generare delle importanti ripercussioni ambientali”.