Perché Carlo Verdone deve tutto alla madre Rossana
Il regista e attore romano Carlo Verdone ha ottenuto molti riconoscimenti e lodi da amici, colleghi e fan nel corso della sua brillante carriera. Da molti definito l’erede artistico di Alberto Sordi, da cui imparò molto, Verdone all’inizio era restio ad iniziare la carriera di attore e se deve ringraziare una persona quella è proprio sua madre, Rossana: senza di lei, non sarebbe probabilmente diventato un grande attore e regista. Quando era giovane Carlo era schivo ed emotivo, aveva difficoltà a stare sul palcoscenico e temeva il giudizio degli altri. Nel corso di un’intervista ha confessato quanto sua madre, morta nel 1984, sia stata determinante per la sua carriera, narrando il suo esordio al teatro Alberichino di Roma:
“Ogni giorno dedico un pensiero a questa madre unica, amorevole, spiritosa, alla quale devo tutto… Non volevo presentarmi alla prima, avevo paura di essere inadeguato e troppo emotivo. Avevo paura di dimenticare le battute dei monologhi, ero convinto di non avere il talento necessario per stare per stare su un piccolo palcoscenico con i critici davanti”.
La paura portò Carlo a fingersi malato. La madre, però, non si fece prendere in giro e lo costrinse ad esibirsi:
“Si alzò dalla scrivania, mi prese per il collo e mi spinse fino alla porta di casa… Aprì con violenza la porta di casa e mi diede un calcio nel sedere, buttandomi fuori. Mi lanciò il giubbotto sulle scale e disse: ‘Piantala di fare il cacasotto! Vai subito al teatro, fregnone! Un giorno mi ringrazierai!’. Ancora oggi penso a quella scena, e ancora oggi ripenso alla certezza che aveva quella donna, che voleva solo il mio bene”.
Carlo Verdone deve il suo successo nel mondo del cinema, quindi, alla madre. E’ stata proprio lei a spronarlo, a fargli capire che non doveva temere nulla. Della madre, ma anche del padre, l’attore romano ha parlato abbondantemente anche nell’autobiografia “La casa sopra i portici”, titolo che fa riferimento alla casa dove Carlo nacque, un appartamento sul Lungotevere che lui e i fratelli dovettero restituire al Vaticano dopo la morte dei genitori. Ai microfoni di Oggi, Verdone, infatti disse:
“Quando due anni fa abbiamo dovuto lasciare quella casa è stato un grosso dolore per tutti e tre noi fratelli. E’ stato come abbandonare un corpo vivente che ci ha protetto, ci ha difeso, ha ascoltato urla, risate, pianti, gioie, dolori, ha visto nascite e morti. In quella casa c’erano 80 anni di storia perché i genitori di mia madre, gli Schiavina, la ebbero in affitto dal Vaticano nel 1930 e poi subentrarono i miei genitori…”.