Parma, Dritan Demiraj picchiato in carcere da ex pugile romeno
Botte da orbi nel carcere di Parma. Due detenuti si sono picchiati e uno, Dritan Demiraj, è finito in coma
Dritan, fornaio albanese è stato condannato all’ergastolo per aver ucciso l’ex compagna e il suo amante italiano, Stefano Mannina. L’albanese è stato malmenato da un altro detenuto, un ex pugile romeno. Non si conosce il motivo per cui il romeno si sia scagliato con tale impeto contro Demiraj. Quest’ultimo è stato trasportato in ospedale ed attualmente lotta tra la vita e la morte nel reparto di Rianimazione. La condanna all’ergastolo per l’albanese era stata pronunciata lo scorso 14 marzo. Pesanti le accuse che erano state rivolte all’uomo: duplice omicidio volontario aggravato, occultamento di cadavere, rapina, violenza privata e porto abusivo di coltello. Demiraj, dopo essere stato fermato e portato in carcere, confessò il duplice omicidio avvenuto nei pressi della stazione di Mozzate (Como). L’immigrato si fece aiutare dallo zio 60enne, Sadik Dine, e dalla fidanzata, Monica Sanchi. Nel corso di un’udienza, Dritan venne immortalato mentre alzava le due dita a V, in segno di trionfo: credeva di farla franca e, invece, ha rimediato l’ergastolo. Lo zio e la fidanzata, invece, sono stati condannati rispettivamente a 5 anni e 30 anni di reclusione.
Dritan Demiraj non accettava di essere stato tradito dalla donna che amava, Lidia Nusdorfi, che lo aveva lasciato per un altro uomo, Stefano Mannina. L’albanese, allora, ha atteso la donna nel sottopasso della stazione di Mozzate e l’ha trucidata con un oggetto contundente. La donna è morta sul colpo. Un altro caso di femminicidio in Italia. Lidia aveva 35 anni e non voleva più sentir parlare di Dritan. Gli investigatori, subito accorsi sul luogo del delitto, ipotizzarono inizialmente una rapina finita in tragedia; poi scoprirono che Lidia aveva un appuntamento con Dritan, il suo assassino. Agli investigatori l’albanese aveva detto di aver ucciso la 35enne perché si era sentito tradito. Lei lo aveva lasciato da 6 mesi per un altro uomo. Prima di essere arrestato dai carabinieri, il 29enne aveva detto a un giornalista:
“Mi dispiace molto per quello che è accaduto a Lidia. Mi tradiva con mio cugino poco più che ventenne, che per me era come un fratello, e poi se n’era andata. Ha abbandonato non solo me, ma anche i figli, uno avuto con me e uno avuto da una precedente relazione. Voleva rifarsi la vita e invece ha trovato la morte. E’ lei che ci ha abbandonato, e guardi come è andata a finire. Quando si fa del male a chi ti ama, non sai mai con chi vai a finire. Chissà chi avrà incontrato sulla sua strada per fare una fine come quella?”.
Il killer di Lidia lavorava presso il bar-pasticceria Alter ego di via del Volontario, a Rimini. Era un lavoratore modello, solerte e puntuale. Il titolare del bar riservò belle parole per Demiraj:
“E’ una persona affidabilissima, di quelle che non stanno a badare all’orologio. Mi aveva chiesto di lavorare dalle 3 alle 6 di mattina e al pomeriggio dalle 15 alle 18.40, orari che gli servivano per portare i bimbi al mattino a scuola e all’asilo. Anche sabato sera ha lavorato qui, come tutti i giorni, fino a quasi le 19. Era rimasto molto male dalla fine della loro relazione, mi diceva che era dura tirare avanti con due bimbi, ma pensava a lavorare e stare con loro”.