Giuseppe Uva, carabinieri e poliziotti assolti: “il fatto non sussiste”
Tutti assolti perché il “fatto non sussiste”. Questo ha deciso ieri la Corte d’assise di Varese in merito alla morte di Giuseppe Uva, morto nel 2008 presso l’ospedale di Varese. 2 carabinieri e 6 poliziotti, accusati di omicidio preterintenzionale, possono tirare un sospiro di sollievo
Nel giugno 2008, Giuseppe Uva venne arrestato dai carabinieri assieme all’amico Alberto Biggiogero. I due trascorsero diverse ore in caserma, dove verosimilmente vennero picchiati dai militari, quelli che nelle ultime ore sono stati assolti; poi furono trasportati in ospedale. Giuseppe Uva spirò proprio nel nosocomio di Varese. Una vittima dello Stato? No, per i giudici carabinieri e poliziotti non sono responsabili della morte di Uva, e neanche i medici dell’ospedale di Varese, accusati di aver somministrato una dose di farmaci errata. Allora chi è l’artefice del decesso di Giuseppe Uva? Alla fine diranno che l’uomo si è suicidato? Mah. Ieri, dopo la lettura della sentenza, gli imputati hanno tirato un sospiro di sollievo e si sono abbracciati. Tanta amarezza, invece, hanno provato i parenti di Giuseppe: una nipote è uscita dall’Aula urlando “Maledetti”. Il caso Uva ricorda molto il caso Cucchi; anche il geometra romano venne portato in caserma e, successivamente, fece tappa in ospedale per le numerose ferite provocate dagli abusi dei militari.
Tornando al caso Uva, dobbiamo sottolineare che già diversi mesi fa il procuratore di Varese, Daniela Borgonovo, aveva reclamato l’assoluzione per poliziotti e carabinieri, che per molti aggredirono brutalmente Uva, finito poi nel reparto psichiatrico del nosocomio di Varese. Nessuno sa, come realmente, andarono le cose. Quello che sappiamo è che la testimonianza dell’amico di Uva non venne presa in considerazione dalla magistratura perché l’uomo era ubriaco. Ieri, la sorella di Giuseppe Uva, Lucia, è entrata in Aula con una maglietta su cui campeggiava la scritta ‘Giuseppe Uva-aspetto giustizia’. Lucia non demorde e promette che continuerà a combattere in nome di suo fratello. Il carabiniere Stefano Del Bosco, imputato insieme al militare Paolo Righetto e ai poliziotti Luigi Empirio, Gioacchino Rubino, Francesco Barone Focarelli, Bruno Belisario, Pierfrancesco Colucci e Vito Capuano, ha detto dopo l’assoluzione:
“Finalmente è stata fatta giustizia. Eravamo tranquilli perché quella notte non è successo nulla e nessuno di noi ha commesso reati. Non poteva andare diversamente”.
Piero Porciani, uno dei legali degli imputati, tutti felici per l’assoluzione dei loro assistiti, ha asserito:
“Ora carabinieri e poliziotti possono tornare a casa e guardare i figli negli occhi e possono continuare a fare il loro dovere”.
Biggiogero ha raccontato che, quella maledetta notte del 2008, dopo aver visto una partita della Nazionale assieme a Uva, fu avvicinato da alcuni carabinieri. C’è da dire che, mentre rincasavano, i due avevano spostato alcune transenne, ostacolando il traffico. Un carabiniere, allora, si rivolse a Giuseppe con queste parole:
“Non te la faccio passare liscia, stavolta te la faccio pagare”.
Quel carabiniere conosceva bene Giuseppe Uva perché sembra che quest’ultimo avesse avuto una storia con la moglie. L’amico di Uva ha riferito che, dopo il fermo, vennero trasportati in caserma e divisi: sentiva Giuseppe urlare in una stanza e chiedere aiuto. I carabinieri e alcuni poliziotti, evidentemente, stavano pestando l’uomo. I familiari di Giuseppe Uva sono certi che il loro caro venne massacrato dai carabinieri e poliziotti; i giudici, invece, la pensano diversamente.