Il Ministero della Difesa dovrà risarcire i familiari di Salvatore Vacca, caporalmaggiore della ‘Sassari’ che perse la vita 150 giorni dopo essere tornato a casa da una missione in Bosnia. Salvatore venne colpito da una tremenda leucemia acuta dovuta all’uranio impoverito, arma usata in diverse missioni all’estero. Altri soldati sono morti come Salvatore, per la stessa malattia provocata dall’esposizione all’uranio impoverito. Oggi, dopo una battaglia giudiziaria durata 17 anni, il Ministero della Difesa è stato condannato per omicidio colposo. La mamma di Salvatore esulta: fu proprio lei ad iniziare il lungo conflitto giudiziario, certa della colpa del Ministero della Difesa. I giudici hanno dichiarato che Vacca “venne esposto senza alcuna adeguata informazione sulla pericolosità e sulle precauzioni da adottare all’uranio impoverito delle armi… Esiste un collegamento causale tra zona operativa ed insorgenza della malattia, nonché tra il caso di Salvatore e i riferimenti provenienti dalla letteratura scientifica”. Sarebbero circa 4000 i soldati italiani che hanno partecipato a missioni all’estero ad essersi ammalati di tumore. Molti hanno chiesto un risarcimento al Ministero della Difesa ma nessun finora ha ricevuto nulla. Oggi, per la prima volta, la giustizia ha dato torto al Ministero, riconoscendolo colpevole. Tanti reduci dalle missioni all’estero come Salvatore sono venuti a mancare a causa di ‘leggerezze statali’. Nessuno era stato avvertito dell’uranio impoverito, o meglio molti erano stati informati ma rassicurati sulla sua innocuità. Giovanni, soldato di 90 kg che ha preso parte a numerose missioni, tra cui quella a Nassiriya e in Kosovo, iniziò ad avvertire forti mal di testa, tremolii alle gambe, e problemi alla vista. I medici però gli dicevano:
“Ha solo bisogno di riposo”.
Altro che riposo. A Giovanni venne diagnosticato un cancro al cervello che lo stroncò nel giro di 18 mesi. Sorte simile è toccata a Gaetano, un vice brigadiere che ha partecipato a tante missioni in Bosnia. Lui vive ancora ma con metà intestino; l’altra metà gli è stata tolta. Nel giro di 5 anni è stato sottoposto a 4 operazioni ed oggi passa le sue giornate su un letto d’ospedale. Una non vita quella di Gaetano e di tanti altri reduci dalle missioni italiane all’estero. In fondo questi ragazzi hanno servito lo Stato ma questo lo ha tradito, ha provocato loro malattie e morte. Non è giusto, non è così che si fa. Moltissimi soldati sono stati colpiti da numerose neoplasie per l’esposizione all’uranio impoverito o al radon, un gas radioattivo privo di odore derivante sempre dall’uranio impoverito. La lista dei militari che si sono ammalati per l’uranio impoverito continua ad ampliarsi ma il Ministero della Difesa non ha mai risposto alle lettere inviate dai soldati malati, alle loro richieste, ai loro appelli. I militari sono stati costretti così ad adire le vie legali. La mamma di Salvatore Vacca voleva giustizia per il figlio e nelle ultime ore l’ha ottenuta. Il Ministero è stato condannato.
L’Italia non ha mai riconosciuto il nesso tra uranio impoverito e neoplasie. Strano, visto che nel 1999 l’U.S. Army diffuse un comunicato ai capi militari di tutte le nazioni impegnate in missioni nell’ex Jugoslavia sulla nocività delle neoparticelle di uranio impoverito. Nella nota veniva menzionato come proteggersi dall’uranio impoverito, lavandosi ad esempio le mani o proteggere la pelle. L’uranio, una polvere che si insinua nelle tute mimetiche dei soldati e provoca gravi danni alla salute, anche la morte. Lo sa bene l’ammiraglio Falco Accame, attivo nella tutela delle famiglie dei militari morti in tempo di pace:
“Gli americani erano stati chiari: neanche un lembo di pelle doveva rimanere esposto a quel metallo, e i soldati erano tenuti ad indossare tute completamente impermeabili; invece i nostri erano vestiti poco più che in braghe di tela, si sedevano nelle camionette dove sui sedili era rimasta la polvere di uranio che si infilava nelle mutande e nei pantaloni. E questo spiega l’anomala insorgenza di tumori non solo alle vie respiratorie, ma anche ai testicoli e rettali”.